Piccoli Palcoscenici 2017 / Idee e Percorsi Una feroce primaveraMestre Teatro Momo Venerdì 9 Giugno 2017 - 21:00
Racconto teatrale sulla Grande Guerra
di Andrea Pennacchi con Francesco Gerardi musiche e canzoni eseguite dal vivo da Giorgio Gobbo (Piccola Bottega Baltazar) una produzione: Teatro Boxer durata: 60 minuti
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Ingresso libero, fino a esaurimento posti Informazioni Tel. 041 2746157 Fax 041 2746156
I lampioni si stanno spegnendo su tutta l’Europa, nel corso della nostra vita non li vedremo più accesi. (Edward Grey, ministro degli esteri inglese, 1914)
La guerra non è qualcosa che si insegna: la fai e basta. Attacca, spara, mettiti al riparo quando devi. Tutto qua. E poi recupera i morti. (Carlo Orelli, reduce della Prima Guerra)
Lo storytelling di Pennacchi, accompagnato dalla chitarra di Giorgio Gobbo (Piccola Bottega Baltazar), è epico, spesso comico, a tratti commovente. Una voce e un corpo che, senza trucchi di scena, riescono con la forza delle parole e dell’immaginazione a dar vita a personaggi e vicende che sfilano come immagini vive nella mente di chi ascolta. Non deve sorprendere dunque che il racconto inizi a metà degli anni ’70, in una notte di giugno: nelle parole di Pennacchi il passato è un palcoscenico in cui mettere in scena ciò che è utile e necessario nel presente, perché la memoria appartiene ai vivi, dice l’Ecclesiaste, e non ai morti.
La lezione spettacolo da cui prende ispirazione Una feroce primavera è stata replicata con successo in cinquanta istituti superiori del Veneto nei primi mesi del 2014, promossa da Arteven – circuito teatrale regionale. Si basa su diari e testimonianze di chi quella guerra la visse dal basso, truppa e ufficiali subalterni, tra i quali non sarà difficile riconoscere echi di Gadda, Lussu, Ungaretti, Junger, Kipling, Hemingway…
E’ una prospettiva un po’ sbilenca, lontana dalla retorica della “grande guerra patriottica” (ma in qualche modo anche “diversamente” pacifista) e rispettosa delle centinaia di migliaia di caduti, della loro gioventù, dei loro sogni.
“Si sbagliava di grosso il generale dell’esercito italiano, aveva invece ragione da vendere il ministro inglese: all’entrata in guerra, una guerra (sia detto) in cui il nostro Paese era l’unico a non poter neanche fingere di avere ragioni difensive e in cui eravamo entrati dopo una vergognosa asta al miglior offerente tra le due grandi alleanze in campo, il nostro Paese non era militarmente pronto e guidato da generali inetti, ma tutti prevedevano che sarebbe finita presto. Di recente, alcuni studiosi hanno sostenuto che la Grande Guerra sia stata in realtà l’evento scatenante di una “guerra del mondo”, i cui ultimi echi si sono spenti solo con il recente conflitto balcanico (e qualcuno si spinge fino ai conflitti mediorientali in atto): una guerra mai terminata che attraversa il “secolo breve”, il nostro, accumulando morti e sofferenze inaudite. Ha quindi ancora molto senso provare a raccontare, mediante poche storie significative, un evento di tale portata, che anche in Italia, soprattutto nelle regioni di Nord Est, infuriò selvaggiamente, bruciando generazioni di giovani (da tutto il Paese), in quella che avrebbe dovuto essere la nuova fucina dell’identità nazionale e la quarta guerra d’indipendenza.”
Andrea Pennacchi
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